Gennaro Rosa, un talento italiano della chirurgia colorettale

All’età di 89 anni è venuto a mancare il Professor Gennaro Rosa, l’ultimo presidente della SICP, Società Italiana di Colonproctologia, prima della fusione con UCP Club e della fondazione della SICCR.

Gennaro era un uomo garbato e mite d’aspetto, ma tenace nell’animo. Forse perché aveva dovuto a lungo “patire” e “ubbidire suo malgrado” al cattedratico di turno prima di diventare indipendente nella sua Università, a Verona.

Aveva la virtù della pazienza e, tutto sommato, anche dell’umiltà, merce rara in questa società moderna dell’achievement, della competizione, della conquista, del successo.

Avevamo avuto lo stesso maestro: Alan Parks. Anche Rosa era un St Mark’s man. Mi aveva preceduto di qualche anno nella frequentazione del leggendario Sir Alan. Mi trattava, come era giusto che facesse, come un giovane compagno di strada turbolento. E, più di una volta, ha placato la mia tendenza ad essere “arrembante” e “decisionista”. Ma sempre con pazienza e con affetto. Un fratello maggiore, un padre saggio. Questo era Gennaro per me.

Ricordo la sua commozione quando ci trovammo, noi numerosi coloproctologi italiani, al congresso del suo ADDIO, a Verona. Fu applaudito con sincero calore.

Era uno dei pochi che ancora faceva la emorroidectomia sub mucosa di Parks, un intervento un po’ lungo e laborioso che aveva però come maggior pregio il fatto di lasciare totalmente ricostruito il canale anale, senza rischi di stenosi e con indubbi vantaggi per la continenza, perchè restavano la transitional zone, deputata alla capacità di distinguere tra feci e muco “fatte discendere” dal riflesso inibitorio retto-anale e il tessuto a livello dell’anal verge e dell’epitelio perianale, così ricco di terminazioni nervose (Pacini, Meissner, Golgi).

Era anche un patito del post-anal repair, un’altra invenzione di Parks. Intervento di grande interesse anatomico, ma che poi, con controlli a lungo termine, si vide che funzionava solo in metà dei casi, perché si faceva nell’incontinenza da neuropatia del pudendo, con gli sfinteri ormai pallidi e flaccidi. Mike Keighley, di Birmingham, che di Parks fu il giovane “rivale”, aggiunse la plicatura anteriore degli sfinteri striati e degli elevatori (total pelvic floor repair) ma con poco profitto. Le due tecniche furono giustamente sostituite dalla neuromodulazione sacrale, certo più costosa, ma meno invasiva e con una percentuale di guarigione dell’80%.

Altro “pallino” (da me condiviso) di Gennaro fu la sfinterotomia interna graduata in caso di ragade anale con ipertono. La lunghezza della sua sfinterotomia non era standard (fino alla linea dentata) come l’aveva per primo descritta Peter Hawley (sempre del St Mark’s), ma basata sul grado dell’ipertono, misurato con la manometria anorettale pre-operatoria. E il fatto che poi Khubchandani pubblicasse su Dis Colon Rectum il suo noto articolo (per la verità un po’ troppo drammatizzante) sulla incontinenza anale dopo sfinterotomia interna, diede ragione alla prudenza di Gennaro.

Però il suo “cavallo di battaglia” erano le fistole anali. A quei tempi si faceva tutto “a mano”, la LIFT era agli albori, descritta da Robin Phillips ma non ancora enfatizzata dal thailandese Rojanasakul. Non c’erano costose innovations come la colla di fibrina poi per sempre tramontata per i cattivi risultati a lungo termine, pubblicati dall’israeliano Zmora, o il plug o il Permacol, tutte operazioni che salvano sì la continenza, ma con una percentuale di guarigione del 50%. All’epoca di Rosa insomma, il primo obiettivo dei pazienti con fistola anale era di guarire dalla fistola, non di evitare l’incontinenza postoperatoria, in genere minore. Tant’è vero che Blumetti e Abcarian pubblicarono su Dis Colon Rectum che nel loro centro di Chicago in vent’anni si era passati dall’80% al 20% di fistulotomie (intervento che guarisce nel 95% dei casi, dati dell’Università di Minneapolis, Goldberg e Rothemberger) e, specularmente, dal 20% all’80% di fistulectomie. Sulle innovations, incluso il laser e l’impianto di stem cells, chi legge può consultare le linee guida della nostra Società pubblicate di recente da Amato et al su Tech Coloproctol.

Le fistole anali… una patologia considerata di facile cura, persino esclusa dalle cento tesine per l’idoneità a Primario, con un DRG super-basso, con un compenso irrisorio nelle tabelle delle Assicurazioni private… ma di cui maestri della chirurgia colorettale come John Goligher o Steven Wexner hanno scritto nei loro trattati che, se complesse e recidive, sono piu’ difficili da curare di un cancro del retto e sono “una sfida” per i chirurghi colorettali. Ebbene, nella chirurgia delle fistole e degli ascessi anali, Gennaro Rosa era un vero maestro. Penso il migliore in Italia.
Lui aveva vissuto decenni al nord, ma era pugliese. E nel modo di fare pacato e paziente conservava alcuni aspetti del carattere della sua terra d’origine. Aveva una moglie giovane, sorridente e simpatica. Il non rivederlo mai più sulla scena ai congressi dopo il suo ritiro ufficiale significò evidentemente che la loro vecchiaia insieme è stata serena.

Gennaro Rosa resterà nella memoria di chi, per sua fortuna, l’ha conosciuto e apprezzato. Ed è bene che, chi non lo ha mai visto perché adesso è ancora giovane o di mezza età, dopo aver letto questo mio necrologio, lo tenga in mente come uno tra i più grandi precursori italiani della nostra disciplina. Se la nostra Società è viva, se chi l’ha fondata è fiero di averlo fatto, se i giovani la seguono con passione, il merito va anche e soprattutto a persone come lui.

Mario Pescatori, Cliniche Parioli e Cobellis, Roma e Vallo della Lucania
Email ucpclub@virgilio.it – Website www.ucp-club.it

09/02/2023
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